Partecipare all’istruzione pubblica come bene comune

Come cittadini che con i propri figli frequentano, animano e riempiono le scuole di Paderno Dugnano, ci sentiamo, assieme gli insegnanti, la Comunità Educante, e in quanto tale mettiamo al centro dell’essere “presenza nella città” la pratica del confronto democratico, idea condivisa a livello delle nostre istituzioni solo apparentemente o troppo superficialmente.

La Scuola della nostra esperienza quotidiana ha interiorizzato e sta pericolosamente metabolizzando una vulgata burocratica, tendente a mutuare un modello sclerotizzato della trasmissione del sapere dove il dialogo e la collaborazione risultano stilizzati e non costruttivi in assenza di tempi, spazi e modalità di vera discussione (sono “concesse”ai genitori in media due assemblee ad anno scolastico, ora trasferite sui supporti digitali e di circa mezz’ora ciascuna, dove parte del tempo é dedicato agli interventi dei soli docenti, le classi, che sono composte generalmente da almeno diciotto alunni con svariati casi best, di studenti o bambini stranieri, non trovano di conseguenza modo di avviare un’interlocuzione  effettiva che dia il giusto spazio a tutti e tutte e ad ogni difficoltà o problematica dei ragazzi che stanno vivendo un periodo molto delicato)

Una conseguenza di ciò è che oggi la scuola appare estranea alla vita reale, come se dimorasse in un mondo che non esiste dove le fratture sociali, le disuguaglianze, la carenza di servizi non esistono e non incidono ( come invece al contrario avviene nella realtà) sull’erosione progressiva del diritto allo studio, sull’incremento del rischio di dispersione scolastica, sulla solitudine sempre più tangibile degli adolescenti e sul successo formativo delle fasce di alunni più fragili inserite in famiglie con scarsi strumenti culturali.

Oggi la presenza e la partecipazione dei genitori negli organi collegiali della scuola, non produce generalmente prove esaltanti né viene particolarmente tenuta in conto e valorizzata.

Collegi docenti e consigli di istituto si stanno riducendo ad organi di testimonianza, nei quali ci si limita alla ratifica di decisioni già preconfezionate e date per assodate a livello regionale e ministeriale.

In realtà, nonostante retoriche e demagogiche dichiarazioni circa la centralità dell’alunno, la scuola fa poco per costruire partecipazione e favorire un sano protagonismo delle famiglie nelle classe, nell’istituto, nella vita civile.

Anche la Commissione mensa cittadina (malgrado già sia  sempre stata uno strumento insufficiente al monitoraggio finale del prodotto ” pasto scolastico”)attualmente è bloccata dalla scelta del Comune e il consentire il controllo dei pasti ad un solo genitore entro ogni plesso non può garantirne il valore del giudizio che per essere utile necessità di un pluralismo di vedute a confronto

A causa anche del fatto che si scelgono o si favoriscono liste uniche e bloccate, senza programmi espliciti, anche le ultime elezioni dei diversi Consigli di istituto del nostro comune hanno fatto registrare un’affluenza ai voti in percentuali spesso sotto il 10% degli aventi diritto.

I gruppi di genitori che formano comitati interni non hanno altro veicolo di espressione che la chat di classe che è in realtà un ambito sterile dove solo le circolari scolastiche vengono riproposte e assunte come date e non commentabili, tantomeno discutibili.

Quindi, tutta una serie di argomenti che potrebbero far sentire più considerate e rappresentate più persone, ad esempio le famiglie appartenenti a “minoranze”: migranti, lgbtq, genitori adottivi ecc, non riescono a trovare espressione, mentre aiuterebbe l’inclusione il fatto di assistere o partecipare ad eventi, scambi culturali, approfondimenti sul tema dell’integrazione, dell’antirazzismo, della lotta  all’esclusione del “diverso”

Sugli argomenti più complessi, come la mancanza di strumentazione tecnologica adeguata, le carenze di devices e connessioni, di insegnanti di sostegno, di percorsi per i bisogni educativi particolari, è assente il confronto, il sostegno dei pari, l’accoglienza di associazioni, i momenti di rielaborazione collettiva.

La sfida invece dovrebbe essere come esercitare la cittadinanza attiva, in modo diffuso, in quanto studenti e genitori in una scuola che, interagisce con il territorio.

Perché ciò sia possibile è necessario un altro modo di narrare l’istruzione e praticarne il diritto, non distribuendo l’informazione solamente come atto dovuto ma creando ambiti di restituzione di diritti, sempre più scambiati per favori e benevolenza dalla popolazione, non solo di “annuncio” di iniziative ma anche di formazione, necessaria a chi vuole esercitare la rappresentanza dei genitori o degli studenti, e capita che ignori persino i principi basilari su scuola dell’obbligo, Costituzione, decreti delegati.

Occorre di conseguenza il pieno esercizio della libertà di riunione, di associazione e di socializzazione , quindi occorre avere strumenti: come coordinamenti dal basso e spazi dedicati,  occorre la disponibilità degli enti locali a sostenere momenti non solo divulgativi o condotti da esperti ma anche formativi, come le assemblee pubbliche aperte al contributo “dal basso”, supportando esperienze di autogestione alternative e mutualistiche dove si diffonda la cultura della solidarietà, della prossimità, dell’essere comunità.

 

La scuola appartiene al popolo che deve esserne partecipe per sostenere un ‘idea di educazione dielle giovani generazioni che siano responsabili dell’istruzione pubblica come bene comune.