La partecipazione infastidisce il potere

Creare Partecipazione a  Paderno Dugnano…..che fatica!

Nella nostra società, caratterizzata da forti spinte individualistiche, o meglio dalla ricerca di soluzioni personali, e solo personali, anche a problemi che poi sono collettivi, dedicare attenzione alla partecipazione può sembrare quasi anacronistico.

Ma noi pensiamo che non sia tempo perso ripensare a come ricreare momenti di partecipazione dei più vari:

  • un problema sotto casa che poteva essere discusso nei Consigli di Quartiere, non è più possibile per il fatto che per il nostro comune non “possiamo avere” consigli o comitati di quartiere. Anche chi ha sempre sostenuto che questi organismi non avessero potere oggi forse un po’ li rimpiange.
  • Il bilancio partecipato, anche se poca cosa, visto la scarsità di fondi in dotazione, un minimo di partecipazione la creava. Abolito anche questo, poco amato dal centrosinistra e demonizzato dal centrodestra.
  • Le sedi di Quartiere, utilizzate per iniziative politico culturali, tra le più varie, sono state oggetto di dismissione, vendita e solo in un caso di riutilizzo (Incirano) dal Centrodestra.
  • Anche il Centrosinistra non brilla visto che a tutt’oggi è possibile prenotare per iniziative solo la sede di Cassina Amata, l’unica rimasta. Da notizie avute di prima mano, la sede di Calderara verrà ripristinata quanto prima, e tornerà ad essere disponibile. Non possiamo che essere d’accordo, per questa scelta, anche se per una Città di quasi 50mila abitanti ne sarebbero necessarie qualcuna in più. Se non in ogni quartiere almeno ogni….punto cardinale del territorio comunale.

Incentivare la partecipazione fisica dei cittadini (non pensiamo che la situazione attuale di riunioni virtuali, webinar ed altro, causa coronavirus, debba essere prorogata all’infinito) deve essere un obiettivo degli enti locali incentivando la “proposta” di iniziative.

La partecipazione reale, ci consente di vedere i volti degli uomini e delle donne che si impegnano per migliorare il contesto in cui vivono con gli altri e per costruire una società diversa. In altre parole la cittadinanza attiva si può e si pratica tutti i giorni, e a maggior ragione val la pena farlo in questo momento buio di crisi sanitaria ed economica della storia politica istituzionale. Queste attività virtuose sono contagiose e diventano importanti, come già diceva Aristotele: iniziare delle buone abitudini le fa poi diventare consuetudini e pratiche facili da ripetere.

Inoltre anche nella nostra città, numerosi sono i cittadini impegnati in attività di volontariato e solidarietà, “continuativa”, ripetuta nel tempo in modo costante La partecipazione deve essere una attività prevalentemente “organizzata dal basso” con altri, anche se nelle forme più disparate: associazioni riconosciute o non riconosciute, centri sociali, cooperative o fondazioni o piccoli comitati locali, ecc, costituiscono una rete attorno al “bene comune” di una società solidale e non darwiniana.

Questo sembrerebbe essere in netta controtendenza col graduale abbandono della vita pubblica, testimoniato dalle alte percentuali di astensionismo elettorale. Sembra che la voglia di partecipazione non ha abbandonato la politica, ma si è trasferita nelle sedi di associazioni e comitati di vario tipo.

Pensiamo che la cittadinanza attiva debba esprimersi ogni cinque anni attraverso il voto, ma la nostra Costituzione (articolo 1, comma 2) dice che “la sovranità appartiene al popolo”: non “deriva” dal popolo, o “nasce” dal popolo, come affermano altre Costituzioni straniere, che è come dire “il popolo dà vita alla sovranità e poi la trasferisce col voto ai propri delegati, ogni 4 o 5 anni, e poi il popolo può stare comodo a casa sua”, ma i nostri costituenti hanno scelto l’espressione diversa “appartiene”, che è un termine molto preciso.

Per capire da dove nasce la motivazione nelle esperienze di democrazia partecipata, ovvero dell’esigenza di risolvere problemi di cui le istituzioni non si fanno carico. Quando la democrazia della rappresentanza è in crisi e non garantisce la dignità delle persone, molte reazioni nascono da situazioni concrete: il ragazzo disabile non ha più l’insegnante di sostegno, i servizi sanitari gratuiti diventano a pagamento, molti alunni non hanno strumenti adatti a seguire la DAD, ecc.. Spesso sono in gioco diritti fondamentali, come nel caso dell’Ilva di Taranto, dove oggi i cittadini e i lavoratori sono costretti a scegliere tra il diritto al lavoro e il diritto alla salute.

Per essere cittadini attivi bisogna informarsi, poi formarsi, cioè approfondire, e solo dopo si può creare piena partecipazione. Quindi i gradini sono: Informazione, Formazione, Partecipazione. Attraverso internet, l’informazione è alla portata di tutti coloro che vogliano acquisirla, e può essere raggiunta anche individualmente, ma per fare formazione profonda occorre fare comunità. Bisogna uscire di casa, partecipare a riunioni comuni, verificare se nel proprio territorio, quartiere, palazzo, scuola ecc. è possibile realizzare quell’iniziativa su cui si sono cercate informazioni. Per questo la disponibilità di luoghi di riunione accessibili diventano fondamentali.

Per quanto riguarda il rapporto tra cittadini e partecipazione, bisogna pensare ad un diagramma con quattro lati. Un lato è l’individualismo che porta a risolvere i problemi da sé, soltanto se toccano direttamente il proprio interesse personale; un altro lato è la cultura della delega che può degenerare in metodi clientelari o corrotti; un altro ancora è la cittadinanza esercitata soltanto al momento del voto che ha generato una “casta” che fa il proprio interesse e non si cura del bene comune. L’ultimo lato è costituito da tutte le pratiche della democrazia della partecipazione. Quest’ultima costituisce quella reazione delle/degli attive/i che pensano che questo sia un modo di contrastare la crisi delle istituzioni e della società.

Altre forme di democrazia partecipativa che danno fastidio

La Costituzione italiana prevede fondamentalmente tre strumenti principali di democrazia diretta, che consentono ai cittadini di esercitare il diritto che gli appartiene, le petizioni, le leggi di iniziativa popolare e i referendum. Sono le forme istituzionali classiche della democrazia partecipata. Il diritto di petizione è previsto dall’art. 50 della Costituzione, e costituisce lo strumento più blando, perché le petizioni non sono vincolanti per il destinatario istituzionale, ma possono essere presentate da chiunque, senza limiti o numeri minimi di firme, e possono avere diversi interlocutori ai diversi livelli istituzionali, ma sono strumenti troppo spesso inascoltati.

Le leggi di iniziativa popolare, previste dall’art. 71 della Costituzione, sono più romantiche che efficaci. Rischiano di essere solo simboliche perché un gruppo di cittadini – occorre raccogliere almeno 50 mila firme – per presentare al Parlamento una proposta di legge che i rappresentanti eletti nelle due camere non sono stati in grado di varare. Poi però quella proposta viene cancellata, qualche altra resta in giacenza fino al termine della legislatura senza diventare legge. Il Parlamento mantiene saldamente la funzione legislativa ed anche la possibilità di ignorare o rinviare all’infinito la legge di iniziativa popolare proposta dai cittadini.

Infine, ci sono i referendum previsti dall’art. 75 della Costituzione, che sarebbero un mezzo immediatamente efficace per abrogare e quindi modificare definitivamente una norma che i cittadini non condividono: richiedono una raccolta di almeno un milione di  firme autenticate (per questo l’aumento da 500mila ad un milione limita fortemente il ricorso a questa iniziativa), la verifica della Corte costituzionale, per controllare la compatibilità con la Costituzione e poi, finalmente la votazione, che è valida solo se i votanti sono il 50% più uno degli aventi diritto al voto. Il risultato del referendum per l’acqua bene comune è stato entusiasmante, anche se tentano sempre di disattenderlo. È stata una grande dimostrazione delle possibilità che scaturiscono dalla partecipazione, anche per il futuro sarà difficile ripetere quella esperienza.