Il pasticciaccio brutto delle RSA (Residenze Socio-sanitarie Assistenziali) in Lombardia.

La Regione Lombardia ha chiesto effettivamente alle RSA di ampliare la loro ricettività in modo da ospitare, per diminuire la pressione sugli ospedali, i casi meno gravi di pazienti contagiati da Coronavirus, con la delibera dell’8 marzo 2020, in contrasto con le iniziative del Ministero della Salute.

Per questo è in corso una inchiesta giudiziaria presso diverse RSA, e ispezioni del Ministero, atte alla verifica di quali misure di sicurezza siano poste in essere a tutela dei pazienti e anche degli operatori, presso la Regione Lombardia e la ATS.

Inoltre l’Istituto superiore di Sanita (ISS) ha svolto una survey nazionale sul contagio COVID-19 nelle strutture residenziali e sociosanitarie. Su 677 RSA pubbliche e convenzionate presenti nella regione Lombardia e contattate dal gruppo di lavoro dell’Istituto superiore di sanità, hanno risposto all’indagine 164 strutture, pari al 24,2 per cento del totale.

Dall’indagine emerge che il numero totale dei decessi nelle RSA lombarde, dal 1° febbraio 2020 alla data di stesura del questionario (26 marzo-6 aprile,), è pari a 1.822 su un totale di 13.287 residenti al 1° febbraio 2020 nelle predette strutture. Il totale dei decessi accertati con tampone e risultati positivi al tampone è pari a 60. Il totale dei decessi con sintomi simil-influenzali o simili a COVID-19 è pari a 874. I deceduti accertati positivi al COVID-19 confermati da tampone più i deceduti con sintomi appunto simil-influenzali sono pari a 934, cioè il 51,3 per cento del totale dei decessi nelle RSA lombarde, ovviamente di quelle che hanno risposto al questionario.
Già a gennaio, si segnalava la particolare predisposizione della popolazione anziana a questo virus. E sin dall’adozione del DPCM del 1° marzo 2020 anche per la regione Lombardia è stata prescritta la rigorosa limitazione all’accesso dei visitatori agli ospiti nelle residenze sanitarie assistenziali, quale fondamentale misura di prevenzione del contagio.

Le persone anziane rappresentano la popolazione fragile per eccellenza, nel corso dell’epidemia di COVID-19. Si è constatato infatti che la maggior parte dei casi di COVID-19 si manifesta con gravi risultati, con gravi conclusioni in persone anziane: circa il 60 per cento dei malati ha un’età superiore a sessant’anni. Inoltre l’infezione colpisce con esiti più gravi gli anziani con pregresse patologie; nell’ordine: cardiovascolari, respiratorie croniche e diabete; e la mortalità aumenta con il progressivo aumentare dell’età.

È stato raccomandato di effettuare in maniera sistematica tamponi per la diagnosi precoce dell’infezione a carico degli operatori sanitari e socio-sanitari e di dotarli dei dispositivi di protezione individuale, nonché di garantire la continuità dei servizi di mensa, lavanderia, pulizia e servizi connessi, estendendo anche a questi operatori le misure mirate a definire una eventuale infezione da SARS-COV-2.

Le forze di opposizione in Regione Lombardia hanno chiesto all’assessore Gallera, al presidente Fontana di capire qual era la reale situazione nelle case di riposo. Come risposta, in una delle tante conferenze stampa senza contraddittorio da parte dell’assessore Gallera, che quella delle RSA era semplicemente una montatura giornalistica.

Invece i decessi nelle RSA lombarde sono numeri agghiaccianti. Nel periodo dell’emergenza COVID-19 il 15 per cento dei pazienti delle case di riposo sono morti, e almeno la metà di loro è morto a causa di sintomi riconducibili all’influenza, e quindi al COVID-19. È successo solo in Lombardia. Il livello di mortalità nelle case di riposo della Lombardia non è comparabile con nessun’altra regione italiana; e questo è successo nonostante l’impegno dei tanti operatori, dei medici, degli infermieri, degli operatori sanitari, molti dei quali, si sono ammalati, e alcuni sono addirittura morti.

E’ scandaloso quanto avvenuto al Pio Albergo Trivulzio a Milano. Ci sono state tantissime morti, in tante case di riposo che sono diventate purtroppo tristemente famose: Mediglia, Quinzano d’Oglio, la Santa Chiara di Lodi, Lambrate, la provincia di Bergamo. Quello che è successo in Lombardia è così diffuso, in molte case di riposo della regione, perché è chiaramente il frutto di scelte politiche fatte dalla regione.

L’8 marzo la giunta Fontana, su proposta dell’assessore Gallera, decideva di chiedere alle residenze sanitarie per anziani di ampliare la ricettività dei pazienti per ospitare i casi meno gravi di persone infettate con il COVID e liberare così alcuni posti letto negli ospedali. Per rendere più persuasiva la proposta della regione, il 30 di marzo si è aggiunta una retta giornaliera di 150 euro per paziente, a ogni RSA che accettava i pazienti COVID, pagata dalla regione.

L’operato della Regione Lombardia, lo scaricabarile dei politici sui tecnici, è un insulto alle famiglie di tutti coloro che hanno perso delle persone, in particolare alle famiglie di coloro che hanno perso delle persone nelle residenze per anziani.

 

La situazione RSA a Paderno Dugnano

Sono 128 gli anziani ospiti delle due RSA di Paderno risultati positivi al tampone del coronavirus. Quasi il 70% dei 187 anziani ospitati alla residenza Bernardelli e al ricovero Uboldi. I numeri li ha resi noti il Comune di Paderno Dugnano dopo aver ricevuto i report aggiornati ai giorni scorsi dalle due direzioni.

Alla data del 15 aprile, la RSA Bernardelli ha fatto sapere che gli ospiti registrati erano 107, al primo marzo erano 118. Complessivamente, quindi, sia residenti che non residenti, al Covid erano positivi 66 ospiti e 15 lavoratori. Alla stessa data la struttura ha registrato 5 decessi tra i positivi Covid, a oggi risultano 12.

Il riscontro da parte della RSA Ricovero Uboldi è pervenuto con più comunicazioni. Alla data del 19 aprile, la struttura ha fatto sapere di avere in carico 80 ospiti, al primo marzo erano 95 e che avevano registrato un decesso per Covid, poi aumentati a 6. In merito all’evoluzione del contagio, l’ultimo aggiornamento fornito al Sindaco il 23 aprile riferiva che 62 ospiti e 20 dipendenti erano positivi Covid. Oltre a fornire una relazione sui protocolli adottati, la RSA Ricovero Uboldi ha dichiarato che nel periodo dal 18 marzo al 3 aprile “sono stati ricoverati 12 pazienti provenienti dagli ospedali così come disposto dalla centrale unica regionale per le dimissioni ospedaliere. All’atto della dimissione ospedaliera sono stati dichiarati Covid negativi” prosegue la nota della RSA in cui si segnala inoltre che di questi 4 sono poi risultati positivi al tampone e 5 sono deceduti prima che si potesse sottoporli al test.