Dopo 45 anni noi stiamo ancora “dalla parte delle bambine” fuori i bigotti dalla scuola pubblica!

Una giovanissima Insegnante di scuola di infanzia di Torino un paio di giorni fa è diventata famosa in tutta Italia per aver sporto denuncia contro la dirigente scolastica dell’istituto per cui lavorava e contro la madre di un suo alunno. che adesso si trovano sotto processo per estrorsione e per diffamazione.

La prima l’avrebbe costretta alle dimissioni, poi diffamandola con le stesse famiglie della scuola, avendo ricevuto pressioni a farlo dalla seconda (che cosi intendeva vendicarsi della querela già mossa dalla ragazza verso il compagno di lei che ne condivideva le foto intime con un gruppo di amici) , e, non paga, avrebbe anche mostrato il materiale fotografico a tema sessuale della maestra,riconoscibile, alla chat della sezione scolastica del bambino.

Le foto in questione infatti erano esclusivamente private e condivise nell’ambito di una legittima relazione di coppia, peccato che la donna in questa relazione fosse una persona normale, l’uomo un decerebrato mentale.

Parliamo di una persona ricattata da una mamma e indotta a licenziarsi dalla preside dell’istituto (che ha commesso un reato grave) nel 2020 per motivi sostanzialmente personali, ci sono vari elementi in questa storia che possono essere ripresi ancora una volta come spunto di riflessione.

Uno é la dinamica del cosidetto “gruppo dei genitori” (o più facilmente genitrici) che come già visto in passato spesso assume la forma di una “società” con delle regole proprie e dedita alla conquista di un territorio, quello della scuola, più che fisico sociale perché la famosa chat whatsapp delle mamme che scivola ogni giorno di più oggi nei margini delle attività intorno alla scuola (per fortuna e forse complice la digitalizzazione attuale delle relazioni insegnanti e famiglie che già cerca di includere ogni comunicazione) nella storia recente é più spesso servita a consentire a tante persone frustrate un’effimera soddisfazione egoica data dall’essere/sentirsi al centro di un’attenzione altrettanto malriposta.

Il fenomeno dell’ingerenza spesso invasiva dei genitori nella didattica da cui poi discendono le degenerazioni folli come questa é stato spesso sminuito nel suo “potere” anche da molti insegnanti , per interesse (quello di fare meno fatica) in realtà complici e altrettanto colpevoli di non comprendere la necessità di segnare confini più netti tra la confidenza ai genitori e la scuola, ha, con questo episodio, dimostrato che la sua capacità di influenzare le situazioni é sempre stata un pericolo reale.

Certo, lo é se all’interno delle stanze più o meno segrete dell’ambiente della pubblica istruzione l’humus di fondo che si viene a trovare é una morale pseudocattolica tuttora spinta al bigottismo più becero. Ma nella scuola italiana questa é la realtà che si incontra spesso e non fanno eccezione gli ambienti ritenuti “a sinistra”

Altro elemento, il sessismo e la certa discriminazione di genere subita ovviamente da una donna. Chissà se fosse stato coinvolto un insegnante uomo in quanti avrebbero trattenuto sorrisini maliziosi davanti ai cancelli della scuola, chissà se i giornali avrebbero titolato sul genere: “sexy maestro porta scompiglio nel gruppo whatsapp delle mamme”e amenità simili.

E invece è una maestra la protagonista del video hard che, senza il suo consenso, è stato diffuso da un idiota che frequentava ai contatti di una chat del calcetto. E’ una maestra quella che è stata prima ricattata da una mamma e poi indotta a licenziarsi dalla preside dell’istituto in cui lavorava. E’ una donna, una lavoratrice quindi, quella che ha, ancora una volta, subito sulla sua pelle e sulla sua carriera le conseguenze più oscene del maschilismo, del patriarcato.

Altro elemento, il ruolo del “femminile”, già magistralmente tratteggiato nel testo paradossalmente attualissimo pubblicato nel 1973: “Dalla parte delle bambine” dalla pedagogista, insegnante e attivista nel campo dei diritti delle donne Elena Gianini Belotti

Non sfuggirono alla stessa autrice altri casi di stigma verso la condizione delle maestre, dedicando un romanzo alla triste vicenda dell’insegnante Donati che per una situazione legata alla diffamazione fu spinta al suicidio. La scuola italiana continua a tradurre in troppi casi un pensiero piccolo borghese, paternalista e benpensante anche quando banalmente senza significare altro insiste “bisogna rispettare le regole” senza il minimo sforzo ad un analisi del contesto in cui si esplica la sua azione.

Bisogna Tornare all’educazione sessuale ma fatta per l’autocoscienza, il riconoscimento dell’altro e della sua autodeterminazione sessuale e di genere, alla storia del femminismo per cacciare il ciarpame bigotto dalle nostre scuole pubbliche!

Fonte